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24/05/2020 |
Siamo persone, non professioni.
Questa frase è un po’ il mio biglietto da visita, il mio modo di presentarmi agli altri, la mia frase ad effetto. Rappresenta, in breve, il mio atteggiamento verso il lavoro, verso le relazioni, verso la vita. Dire siamo persone è una presa di coscienza importante, quasi ovvia, ma negli ultimi tempi un po’ tralasciata. Dire che non siamo professioni, è togliere al nostro lavoro un po’ del potere che ha su di noi. Partiamo da questo.
Quando da piccoli ci presentavamo agli altri dicevamo cose tipo “Ciao mi chiamo Matteo e mi piace giocare a pallone!”, “Ciao sono Matteo ed il mio colore preferito è il blu”.
Crescendo poi si inizia a mettere nella presentazione qualcosa inerente a quello che studiamo, “Ciao sono Matteo e vado al Liceo”, “Ciao sono Matteo e studio Architettura”.
Una volta entrato nel mondo del lavoro la gente si aspetta che io mi presenti con frasi come “Salve, sono l’architetto Panciatici”. Via il nome, avanti il cognome e soprattutto mettiamo davanti la professione al nostro nome.
Dato che dentro di me vive un (piccolo) sovversivo ho inventato la mia presentazione da usare quando devo fare degli interventi pubblici, per ovviare a questo problema:
“Ciao a tutti, sono Matteo, sono nato nel 1990, sono di Livorno e faccio tra le altre cose l’architetto”.
Mi piace questa presentazione perché, un po’ come la frase di cui si parla nel titolo, riassume il mio modo di pormi:
“ciao a tutti”:saluto informale (sono contro ogni formalismo linguistico tipico italiano; il dare del LEI per esempio);
“sono Matteo”: se volete conoscere il mio cognome me lo chiedete alla fine ma io voglio essere chiamato per nome;
“sono nato nel 1990”: quindi capite bene l’esperienza che posso avere nel mondo del lavoro e allo stesso tempo potete immaginare anche la mia intraprendenza nel voler fare, innovare e sperimentare;
“sono di Livorno”: giusto perchè non si percepiscono le mie origini toscane quando parlo
“e FACCIO tra le altre cose l’architetto”: ho studiato architettura, quindi sono entrato nel mondo del lavoro come architetto, però sto sperimentando molte altre vie e altri lavori e chissà, potrebbero un giorno attrarmi di più di quello per cui ho studiato.
Molto meglio del “Salve sono l’architetto Panciatici” per iniziare no?
Il lavoro è parte fondamentale della nostra vita. Non sono qua a negarlo, sarei un ingenuo, e anche un grande stupido. Credo però che non debba essere padrone della nostra vita, dato che questa appunto, è una sola e bisogna farci entrare tutto, come quando devi fare la valigia per partire per un viaggio: se davvero ti interessa portare un maglione, in un modo o nell’altro, ce lo fai entrare.
Niente quindi ci vieta, di sperimentare diverse “Vite” in una vita. Puoi fare, come lavoro, l’architetto “barra” Project Manager “barra” startupper “barra” sognatore “barra” blogger “barra” politico “barra” quello che ti pare e, soprattutto, piace. Sui lavori ci sarebbe molto da dire ma mi limito a dire che purtroppo in Italia c’è una sorta di “razzismo” tra lavori: ci sono lavori più accettati e lavori meno. Per capirci, quando ti chiedono “Che lavoro fai?” e rispondi “L’imprenditore e startupper” la conversazione solitamente continua con “e come lavoro vero?”. Si capisce perchè in Italia nessuno innova, no?Quello in cui però credo fortemente è che le persone vengano prima.
Se impariamo a trattare le persone non come cassieri, idraulici, avvocati, dottori, ingegneri, politici ma come PERSONE che fanno i cassieri, gli idraulici, gli avvocati, i dottori, gli ingegneri e i politici, vivremmo in un mondo molto più interessante e dove i rapporti umani sarebbero al centro.
Bisognerebbe cercare di essere più empatici verso coloro i quali offrono un lavoro per semplificarci la vita (o che ci provano) perché nessuno di loro è un automa costruito per soddisfare ogni nostro singolo capriccio seguendo il dogma “il cliente ha sempre ragione”, ma sono, appunto, PERSONE.
Persone che hanno gli stessi nostri problemi, aspirazioni, responsabilità, sogni e quando, per esempio, non paghiamo una fattura di un professionista dovremmo metterci li e pensare “questo qua, se io non lo pago non paga l’affitto, non sto facendo uno sgambetto ad una Multinazionale” e invece solitamente, ce ne sbattiamo degli altri. Se noi stiamo bene, il mondo sta bene.
Dire che siamo persone e non professioni può aiutarci anche nella contrattazione per i prezzi del lavoro. Nel senso, se tu mi paghi al mese, o all’ora, non paghi la mia PERSONA paghi il mio lavoro. Quindi se mi paghi 8 ore, e poi ne esigi 10 io sono obbligato a dirti di NO, perchè quelle 2 ore non pagate sono ore del mio lavoro che non vengono valorizzate e ore per la mia PERSONA che vanno perdute.
Non ci si deve sentire PERSONE peggiori se tutti in ufficio fanno straordinari gratis e noi NO, perché in quell’ufficio non viene pagata la nostra persona, ma semplicemente la nostra professionalità, la nostra competenza, il nostro lavoro: e il lavoro, come è giusto che sia, costa.
Si va bene, quindi Matteo mi stai dicendo che non hai mai fatto gratis un’ora in più? Ovvio che mi è capitato, sarei un bugiardo. Ma non è questo il punto, perché non è l’esperienza di una persona che sto mettendo in campo ma un concetto, puro e semplice.
Sono ancora, forse, troppo giovane per poter imporre un Mantra del genere a chi mi offre un lavoro ed è “della vecchia scuola”, ma sono felice delle piccole battaglie vinte finora e di come sto sviluppando e “diffondendo” questa idea e di come, solitamente, piaccia.
Le persone sono la vera risorsa di una qualsiasi azienda, organizzazione o progetto.
Il saper fare viene col tempo, con l’esperienza, anche perchè se dei giovani sapessero lavorare allo stesso livello di persone che lavorano da 25-30 anni, quest’ultime varrebbero davvero molto poco.
Preferisco circondarmi di brave persone più che di bravi professionisti.
Le competenze si apprendono, si migliorano.
Essere una brava persona forse no, quella lo sei, o non lo sei.
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